martedì 12 marzo 2019

Storia - "La dama", primo periodico nazionale del nostro gioco (1901-1902)

di Renzino l'Europeo
Pochi sanno che Verona fu teatro di una iniziativa assai notevole: la pubblicazione della prima rivista nazionale interamente dedicata al gioco della dama. L'avventura editoriale, che ebbe luogo tra il 1901 e il 1902, durò in realtà meno di un anno, in quanto la sostenibilità economica dell'impresa venne a mancare, e "La dama" - questo era il nome della testata - dovette chiudere dopo 21 numeri. Autore dello sforzo, come artefice e direttore editoriale, fu il damista e (dobbiamo supporre) giornalista Riccardo Galletti.

Il resoconto più completo di questa intrapresa lo ha fatto Ghelardo Ghelardini, il quale vi dedica tre pagine nel primo volume del suo "Tra dame e pedine", l'unico vero e proprio saggio storico sul movimento damistico in Italia. Ma ci corre l'obbligo di ricordare che l'intera collezione de "La dama" è disponibile e consultabile presso la nostra Biblioteca Civica, nell'Archivio Storico (terzo piano). Anch'io ho trovato diletto, come semplice appassionato, nello sfogliare personalmente tutte le copie, ben conservate in un faldone un po' polveroso.

Da un punto di vista tecnico, la rivista riflette ovviamente il livello piuttosto limitato di quel periodo. Sappiamo infatti che i due unici veri e propri trattati damistici in lingua italiana disponibili allora erano quelli del Mancini e del Lanci, datati rispettivamente 1830 e 1837. I frammenti di pubblicazioni posteriori che affrontavano il nostro gioco - nella seconda metà dell'800 - non avevano aggiunto praticamente nulla di originale. All'estero, invece, la storia aveva fatto il proprio corso, e in particolare nel Regno Unito il livello tecnico (e il numero di pubblicazioni) era ormai avviato verso uno stadio avanzato. Anche in Francia (per il gioco a 100 caselle) c'era stato un certo fervore durante tutto il XIX secolo, soprattutto verso la fine. In tempi di Belle Epoque, fasce più ampie della popolazione avevano cominciato ad ottenere quelle opportunità di vita più serene di cui ci parlano le narrazioni storiche e letterarie, e la popolarità dei giochi da tavolo ne aveva in qualche misura beneficiato.

La testata de "La Dama", qui riprodotta nel primo numero (cortesia di Cosimo Crepaldi)
Il Ghelardini si è preso la briga di fare una lista dei vari collaboratori de "La dama", che comprende - tra gli altri - Tagliaferri e Gentili di Roma, Gallico di Mantova, Dossena di Como. Si tratta evidentemente di individui con cui Galletti era venuto in contatto epistolare, giacché possiamo immaginare che fosse principalmente in quel modo che all'epoca si mantenessero rapporti personali; nessuna organizzazione damistica nazionale era stata mai fondata né pensata, e quelli che noi chiamiamo "circoli" potevano essere al massimo degli aggregati più o meno stabili di appassionati che si ritrovavano in qualche Bar o Caffè di talune città.

Lo stesso Ghelardini ci ricorda che in quegli anni apparvero pure delle rubriche damistiche su alcuni quotidiani e periodici illustrati, e i responsabili o animatori erano più o meno le stesse persone che collaborarono (prima o dopo) ai vari numeri de "La dama". Anche su "L'Arena", in diversi periodi (del XX secolo), venne pubblicata una rubrica damistica. Per quanto riguarda l'organizzazione, sappiamo da diverse fonti che un vero e proprio Circolo Damistico Veronese era all'opera (solo) nel 1922, giacché fu nel primo dopoguerra che, anche sotto l'impulso del Circolo Damistico Milanese, sorto nel 1920, gli appassionati del gioco cominciarono a darsi una struttura, per poi procedere con la fondazione della Federazione Damistica Italiana nel 1924.

La "direzione ed amministrazione" de "La dama", come si legge nella testata, era collocata in Via Dietro Via Nuova Lastricata n. 8, denominazione che oggi dice poco ai più, ma che corrisponde nientemeno che a Via Alberto Mario. Infatti in quel tempo Via Mazzini (o, meglio, la sua parte più prossima a Piazza Bra) era chiamata "Via Nuova Lastricata", da cui - come ai Veronesi risulta ovvio - discende anche l'antico nome di Via Alberto Mario.

La rivista aveva ottimisticamente iniziato le proprie pubblicazioni il 1° settembre 1901, con una cadenza settimanale. Il formato era più o meno quello che in termini contemporanei si direbbe un supertabloid, con una foliazione di 8 pagine. Dopo un paio di mesi, si passò alla cadenza quindicinale. Gli appelli ad abbonarsi, subito lanciati e reiterati ad ogni numero, trovarono evidentemente quell'accoglienza scarsa che noi oggi potremmo giudicare "realistica", con una visione distaccata. Il prezzo del singolo numero (20 centesimi) equivaleva a quello di 4 caffè, e l'abbonamento "speciale" fino alla fine del 1901, pari a 3 Lire, corrispondeva formalmente a 13,44 € di oggi. Ovvio che la spedizione per posta incideva parecchio sui costi.

Ma l'entusiasmo del Galletti era prorompente. La stampa dei diagrammi era eccezionalmente buona, e l'organizzazione del contenuti era suddivisa fondamentalmente fra notizie varie, piccole rubriche tecniche, problemi e partite giocate (in sfide dirette o per corrispondenza). Le rubriche vertevano principalmente sulle regole del gioco, sulla riproposizione di frammenti del trattato del Lanci, sulla corrispondenza con i lettori. Da un certo numero in poi apparvero anche alcuni problemi di dama internazionale.

Ritratto dell'abate e archeologo Michelangelo Lanci
Karl Brjullov, 1850-52 (Mosca, Galleria Tret'jakov)
Un tema tecnico che ricordo di aver letto con una certa curiosità è quello della regola per cui «a parità di numero e di valore di pezzi in presa, si deve mangiare dalla parte dove, confrontando le sequenze di presa, si presentano prima i pezzi di maggior valore». Tale formulazione è quella oggi ben nota e in vigore, ma all'epoca essa era (ancora) in discussione. In effetti il Mancini, nel suo Trattato, in cui aveva pubblicato la "Costituzione" del gioco all'italiana, si era fermato all'enunciazione delle regole di quantità e qualità "normali", che venivano riassunte in modo sommario con il motto "mangiare il più col più". Tuttavia il Lanci, nella propria opera, aveva precisato: «Se […] la tua dama stasse nel bivio del mangiare dall'un de' lati pedina e dama, dall'altro dama e pedina, tuttoché queste sembrino pari circostanze, nondimeno si diversificano per l'assituamento de' nobili pezzi, e dovrai allora mangiare dama e pedina, per l'onore che prestar debbesi alla nobiltà della dama». Su "La dama" il Galletti volle aprire formalmente un dibattito, con tanto di esempi diagrammati, al quale parteciparono diversi damisti "notabili" dell'epoca; la discussione si risolse con l'adozione della formula attuale, ma non in modo unanime: vi furono anche voci che propugnavano, in caso di concomitanti prese dal valore totale equivalente, la libertà di scelta.

Che dire, in conclusione, di quell'iniziativa meritoria? Che testimonia l'ambiente vivace e intraprendente della Verona del primo Novecento, e, sebbene il Galletti non si produca in descrizioni particolari della situazione cittadina, si può inferire (anche dalle notizie sugli abbonamenti) che gli appassionati scaligeri costituissero un gruppetto cospicuo. Diremmo forse anche più di quelli di oggi...

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