lunedì 18 marzo 2019

Storia e Spiccioli di Tecnica - Enrico e la Dama Internazionale

di Renzino l'Europeo
Siamo ormai giunti alla vigilia della Coppa Città di Verona, la gara nazionale di dama internazionale organizzata dal nostro Circolo, che si svolgerà sabato 23 e domenica 24 marzo presso l'area ricreativo-sportiva della "Pineta" di Via Camuzzoni, 1. Il torneo, che quest'anno si annuncia ben partecipato in quantità e qualità, è da alcune edizioni dedicato espressamente ad Enrico, che ci ha lasciati nel 2012. In questo sito-blog abbiamo già pubblicato diverso materiale che ne ricorda la figura e l'opera, ma ovviamente molto di più potrebbe essere detto e scritto. Oggi vogliamo dedicare quest'articolo ad una piccola rievocazione dei primi impegni agonistici del nostro Maestro con la dama internazionale.

Bisogna tornare con la mente agli anni '60, un periodo fecondo per il movimento damistico in Italia. La Federazione Italiana Dama, ricostituita su basi stabili nel 1959, aveva deciso l'affiliazione formale alla Federazione Mondiale (FMJD) nel corso del 1960. La pratica della specialità "all'internazionale" era confinata, in quel periodo, a pochi cultori, fra i quali vanno ricordati i primi italiani che ebbero la ventura di partecipare ad un Campionato del Mondo - Edmondo Fanelli e Marino Saletnik (nel 1952). Vi era in effetti la "culla" triestina, dove il gioco sulle 100 caselle era diffuso in una cerchia relativamente ampia di appassionati, molto più che in qualunque altra città o circolo. Ma nel complesso l'Italia era veramente agi inizi. Urgeva un'azione di proselitismo, che venne compiuta innanzitutto attraverso "Damasport", ma che ebbe come pilastri alcune iniziative fondamentali: l'organizzazione dei Campionati Italiani di specialità, e l'assegnazione all'Italia del Campionato del Mondo del 1964, che si svolse a Merano, e che venne preceduto da un torneo di "qualificazione nazionale".

Enrico, che in quel periodo risiedeva a Bolzano, fu spettatore privilegiato dell'evento iridato del 1964, e colse in pieno l'onda "internazionalista". Per lui, che allora era Candidato Maestro di dama italiana, si trattò di un'opera un po' da autodidatta, in cui poteva al massimo mettere a frutto la conoscenza del francese. E comunque, ecco che il Nostro si presenta ai nastri di partenza del primo Campionato Italiano sulle 100 caselle, che si svolse a Trieste dal 27 al 30 maggio del 1965, inquadrato nella categoria "Regionale" (che allora era chiamata "Serie A"). Sei furono invece i concorrenti nella "Serie Nazionale": Saletnik, Fanelli, Laporta, Walter Zorn, Specogna e Prodan. Il titolo assoluto, come sappiamo dalla storia, andò a Francesco Laporta, che superò Saletnik per quoziente.

Enrico viene premiato come vincitore del titolo di 2a Nazionale nel 1966
Le cronache narrano di un Molesini che parte bene ma che incappa in un refuso contro il triestino Grando, e poi perde anche con Apolloni, giungendo quarto su 10 partecipanti. Un esordio discreto, che gli permette comunque di essere annoverato tra i primi giocatori agonisti "ufficiali" in Italia. L'anno dopo, in effetti, la partecipazione complessiva raddoppia e si organizzano 5 gruppi distinti, corrispondenti alle 5 categorie tradizionali. Enrico partecipa al Campionato di "2a Nazionale" (in pratica, Candidati Maestri), e lo vince! Il titolo assoluto va invece a Saletnik, che si prende la rivincita su Laporta. 

Se buttiamo l'occhio su quelle pioneristiche partite, che gli archivi ci mettono a disposizione, possiamo magari inarcare le sopracciglia per lo stile o per le scelte tecniche, non proprio inappuntabili, ma dobbiamo applicare dei criteri storici benevoli. Giusto per mettere a disposizione dei curiosi una "pillola tecnica", pubblichiamo qui l'incontro che Enrico vinse contro Sergio Specogna.

Bianco         Molesini

Nero            Specogna

1. 32-28 18-22 2. 31-26 12-18 3. 37-31 7-12 4. 31-27 22x31 5. 26x37 20-24 6. 34-30 1-7 7. 40-34 18-22 8. 37-32 13-18 9. 30-25 8-13 10. 41-37 16-21 11. 34-30 15-20 12. 37-31 21-26 13. 45-40 26x37 14. 32x41 10-15 15. 41-37 18-23 16. 46-41 23x32 17. 38x18 13x22 18. 37-32 9-13 19. 41-37 12-18 20. 43-38 7-12 21. 49-43 2-8 22. 36-31 22-28 23. 32x23 19x28 24. 30x10 5x14 25. 33x22 18x36 26. 35-30 4-10 27. 38-33 20-24 28. 30x19 14x23 29. 40-34 10-14 30. 33-29 23-28 31. 43-38 17-22 32. 34-30 11-17 33. 29-24 12-18 34. 44-40 8-12 35. 40-35 14-19 36. 50-44 6-11 37. 25-20 3-9 38. 30-25 19x30 39. 35x24 11-16 40. 38-33 18-23 41. 42-38 23-29 42. 44-40



12-18??
Specogna, dopo una partita giocata perlopiù in vantaggio, a tratti forse anche decisivo, spreca una buona posizione, consentendo ad Enrico di sfoggiare una combinazione vincente. Il Nero avrebbe dovuto continuare con 42... 13-18 (o con 42… 16-21), a cui il Bianco avrebbe potuto replicare con la soluzione, molto probabilmente di pari, 43. 40-34 29x40 44. 47-41 36x47 45. 38-32 47x29 46. 32x45, ecc.


43. 24-19! 13x24 44. 39-34! 28x30 45. 25x21 16x27 46. 20x29 15-20 47. 48-42 27-31 48. 37x26 22-28 49. 40-34 9-14 50. 26-21 14-19 51. 21-16 28-32 52. 38x27 19-24 Bianco vince.

martedì 12 marzo 2019

Storia - "La dama", primo periodico nazionale del nostro gioco (1901-1902)

di Renzino l'Europeo
Pochi sanno che Verona fu teatro di una iniziativa assai notevole: la pubblicazione della prima rivista nazionale interamente dedicata al gioco della dama. L'avventura editoriale, che ebbe luogo tra il 1901 e il 1902, durò in realtà meno di un anno, in quanto la sostenibilità economica dell'impresa venne a mancare, e "La dama" - questo era il nome della testata - dovette chiudere dopo 21 numeri. Autore dello sforzo, come artefice e direttore editoriale, fu il damista e (dobbiamo supporre) giornalista Riccardo Galletti.

Il resoconto più completo di questa intrapresa lo ha fatto Ghelardo Ghelardini, il quale vi dedica tre pagine nel primo volume del suo "Tra dame e pedine", l'unico vero e proprio saggio storico sul movimento damistico in Italia. Ma ci corre l'obbligo di ricordare che l'intera collezione de "La dama" è disponibile e consultabile presso la nostra Biblioteca Civica, nell'Archivio Storico (terzo piano). Anch'io ho trovato diletto, come semplice appassionato, nello sfogliare personalmente tutte le copie, ben conservate in un faldone un po' polveroso.

Da un punto di vista tecnico, la rivista riflette ovviamente il livello piuttosto limitato di quel periodo. Sappiamo infatti che i due unici veri e propri trattati damistici in lingua italiana disponibili allora erano quelli del Mancini e del Lanci, datati rispettivamente 1830 e 1837. I frammenti di pubblicazioni posteriori che affrontavano il nostro gioco - nella seconda metà dell'800 - non avevano aggiunto praticamente nulla di originale. All'estero, invece, la storia aveva fatto il proprio corso, e in particolare nel Regno Unito il livello tecnico (e il numero di pubblicazioni) era ormai avviato verso uno stadio avanzato. Anche in Francia (per il gioco a 100 caselle) c'era stato un certo fervore durante tutto il XIX secolo, soprattutto verso la fine. In tempi di Belle Epoque, fasce più ampie della popolazione avevano cominciato ad ottenere quelle opportunità di vita più serene di cui ci parlano le narrazioni storiche e letterarie, e la popolarità dei giochi da tavolo ne aveva in qualche misura beneficiato.

La testata de "La Dama", qui riprodotta nel primo numero (cortesia di Cosimo Crepaldi)
Il Ghelardini si è preso la briga di fare una lista dei vari collaboratori de "La dama", che comprende - tra gli altri - Tagliaferri e Gentili di Roma, Gallico di Mantova, Dossena di Como. Si tratta evidentemente di individui con cui Galletti era venuto in contatto epistolare, giacché possiamo immaginare che fosse principalmente in quel modo che all'epoca si mantenessero rapporti personali; nessuna organizzazione damistica nazionale era stata mai fondata né pensata, e quelli che noi chiamiamo "circoli" potevano essere al massimo degli aggregati più o meno stabili di appassionati che si ritrovavano in qualche Bar o Caffè di talune città.

Lo stesso Ghelardini ci ricorda che in quegli anni apparvero pure delle rubriche damistiche su alcuni quotidiani e periodici illustrati, e i responsabili o animatori erano più o meno le stesse persone che collaborarono (prima o dopo) ai vari numeri de "La dama". Anche su "L'Arena", in diversi periodi (del XX secolo), venne pubblicata una rubrica damistica. Per quanto riguarda l'organizzazione, sappiamo da diverse fonti che un vero e proprio Circolo Damistico Veronese era all'opera (solo) nel 1922, giacché fu nel primo dopoguerra che, anche sotto l'impulso del Circolo Damistico Milanese, sorto nel 1920, gli appassionati del gioco cominciarono a darsi una struttura, per poi procedere con la fondazione della Federazione Damistica Italiana nel 1924.

La "direzione ed amministrazione" de "La dama", come si legge nella testata, era collocata in Via Dietro Via Nuova Lastricata n. 8, denominazione che oggi dice poco ai più, ma che corrisponde nientemeno che a Via Alberto Mario. Infatti in quel tempo Via Mazzini (o, meglio, la sua parte più prossima a Piazza Bra) era chiamata "Via Nuova Lastricata", da cui - come ai Veronesi risulta ovvio - discende anche l'antico nome di Via Alberto Mario.

La rivista aveva ottimisticamente iniziato le proprie pubblicazioni il 1° settembre 1901, con una cadenza settimanale. Il formato era più o meno quello che in termini contemporanei si direbbe un supertabloid, con una foliazione di 8 pagine. Dopo un paio di mesi, si passò alla cadenza quindicinale. Gli appelli ad abbonarsi, subito lanciati e reiterati ad ogni numero, trovarono evidentemente quell'accoglienza scarsa che noi oggi potremmo giudicare "realistica", con una visione distaccata. Il prezzo del singolo numero (20 centesimi) equivaleva a quello di 4 caffè, e l'abbonamento "speciale" fino alla fine del 1901, pari a 3 Lire, corrispondeva formalmente a 13,44 € di oggi. Ovvio che la spedizione per posta incideva parecchio sui costi.

Ma l'entusiasmo del Galletti era prorompente. La stampa dei diagrammi era eccezionalmente buona, e l'organizzazione del contenuti era suddivisa fondamentalmente fra notizie varie, piccole rubriche tecniche, problemi e partite giocate (in sfide dirette o per corrispondenza). Le rubriche vertevano principalmente sulle regole del gioco, sulla riproposizione di frammenti del trattato del Lanci, sulla corrispondenza con i lettori. Da un certo numero in poi apparvero anche alcuni problemi di dama internazionale.

Ritratto dell'abate e archeologo Michelangelo Lanci
Karl Brjullov, 1850-52 (Mosca, Galleria Tret'jakov)
Un tema tecnico che ricordo di aver letto con una certa curiosità è quello della regola per cui «a parità di numero e di valore di pezzi in presa, si deve mangiare dalla parte dove, confrontando le sequenze di presa, si presentano prima i pezzi di maggior valore». Tale formulazione è quella oggi ben nota e in vigore, ma all'epoca essa era (ancora) in discussione. In effetti il Mancini, nel suo Trattato, in cui aveva pubblicato la "Costituzione" del gioco all'italiana, si era fermato all'enunciazione delle regole di quantità e qualità "normali", che venivano riassunte in modo sommario con il motto "mangiare il più col più". Tuttavia il Lanci, nella propria opera, aveva precisato: «Se […] la tua dama stasse nel bivio del mangiare dall'un de' lati pedina e dama, dall'altro dama e pedina, tuttoché queste sembrino pari circostanze, nondimeno si diversificano per l'assituamento de' nobili pezzi, e dovrai allora mangiare dama e pedina, per l'onore che prestar debbesi alla nobiltà della dama». Su "La dama" il Galletti volle aprire formalmente un dibattito, con tanto di esempi diagrammati, al quale parteciparono diversi damisti "notabili" dell'epoca; la discussione si risolse con l'adozione della formula attuale, ma non in modo unanime: vi furono anche voci che propugnavano, in caso di concomitanti prese dal valore totale equivalente, la libertà di scelta.

Che dire, in conclusione, di quell'iniziativa meritoria? Che testimonia l'ambiente vivace e intraprendente della Verona del primo Novecento, e, sebbene il Galletti non si produca in descrizioni particolari della situazione cittadina, si può inferire (anche dalle notizie sugli abbonamenti) che gli appassionati scaligeri costituissero un gruppetto cospicuo. Diremmo forse anche più di quelli di oggi...

mercoledì 6 marzo 2019

Storia e Tecnica - Una "Meta" del Cavalleri

di Renzino l'Europeo
Nel nostro sito-blog cercheremo di fare qualche esercizio tecnico di livello superiore, ad esempio commentando qualche partita. Inoltre dedicheremo del tempo anche alla dama italiana, nonostante l’incipit sia stato rivolto un po’ di più alle 100 caselle, come riflesso dell’orientamento agonistico attuale del Circolo. Ad esempio l’obbligo di ricordare Eldo Cavalleri, il grande Campione veronese del secolo scorso, ci induce ad andare oltre la sua biografia, tentando di vedere in dettaglio qualche elemento tecnico.

Proponiamo allora come capitolo iniziale della rubrica che incrocia storia e tecnica il tema delle prime edizioni del Campionato Italiano, i famosi match giocati da Cavalleri negli anni ’20 per vincere e poi conservare il titolo. Non possediamo tuttavia un archivio completo delle partite, che ci piacerebbe sapere se sia ancora conservato, da qualche parte. Ci pareva di aver sentito che in effetti non ve n’è più traccia. La nostra unica fonte è il noto saggio di Ghelardo Ghelardini “Tra dame e pedine”, che riporta in una delle sezioni finali del primo volume un’antologia di partite dei Campionati d’anteguerra, a cura del M° Angelo Volpicelli, il quale, evidentemente, doveva esserne personalmente in possesso. E’ chiaro che un simile patrimonio, se esiste, andrebbe reso disponibile al pubblico dei damisti interessati.

Le prime due partite pubblicate su “Tra dame e pedine” fanno parte della sfida Cavalleri-Tagliaferri del 1926 - quella in cui il veronese conquistò il titolo -, ma non sappiamo quali fossero, esattamente, all’interno della (lunga) serie. Il trattato di Ghelardini era notoriamente più interessato alla storia delle persone e dell’organizzazione damistica che agli aspetti tecnici. Da conoscenze generali sappiamo comunque, perlomeno, che nel 1924 era stata introdotta nelle gare ufficiali, dalla neonata Federazione, la Restrizione Inglese, con 43 aperture sorteggiate, per incontri di andata e ritorno. E’ quindi ovvio ritenere che anche per questo match fosse in vigore tale regola.

Proviamo a guardare nel dettaglio la prima partita, senza ambizione di rispondere in modo esaustivo agli interrogativi che noi stessi ci porremo.

Bianco            Cavalleri
Nero               Tagliaferri

1. 23-19 12-16
Per la Restrizione Inglese questa apertura è la Ayrshire Lassie, denominazione che andrebbe tradotta come "Adorabile ragazzina dell'Ayrshire" (si intende la contea scozzese avente questo nome), benché l'Avigliano, avendo forse qualche problema di comprensione, si inventò il nomignolo "Ariana", che le rimase sempre "ufficialmente" assegnato.

2. 19-15
Oggi quest'apertura figura formalmente nella nostra Tabella sotto il diverso ordine di mosse 23-20, 12-16; 20-15, ed è classificata come 1B. Il Badiali la definisce "in complesso equilibrata".  La scelta di occupare subito la Meta (da cui il nome classico con cui è nota, mentre per gli Inglesi questa partita è chiamata "Bristol"), non era ben vista dal Lavizzari nel caso si parta da 23-19 12-16, e ad essa egli appioppava curiosamente un punto interrogativo, preferendovi mosse ritenute "più sicure" come 28-23, 21-18 e 27-23. L'avanzata in Meta appare tuttavia la continuazione più naturale se l'apertura è 23-20 12-16, dando appunto origine alle citate partite classiche.

2... 11x20 3. 24x15 7-11 


Il Nero inizia un attacco alla pedina in Meta, ma questa idea strategica è sempre stata ritenuta negativa, essendo di gran lunga preferita la continuazione 10-14, che è quella classica. Il Lavizzari definiva tale condotta "molto debole, pur forzando la pari". Il Gasparetti non dedica neanche una riga alla 7-11 nel suo tomo, benché questa mossa sia stata giocata anche in alcune partite di Campionato Italiano degli ultimi 40 anni.

4. 28-24 11x20 5. 24x15 3-7
Costituisce per noi un elemento di curiosità la scelta di alzare la pedina in 3 piuttosto che quella in 4.

6. 32-28 7-11 7. 28-24 11x20 8. 24x15 4-7 9. 27-23 


Questa mossa di Cavalleri "movimenta" il gioco.
La scelta "canonica" di difendere la pedina in Meta con 9. 31-28 7-11 10. 28-24 11x20 11. 24x15 conduce alla situazione che aveva in mente il Lavizzari, favorevole al Bianco; comunque dopo 16-20 12. 27-23 20x27 13. 30x23 6-11 (unica) 14. 15x6 2x11 la pari è tranquilla. Questa continuazione è descritta dal Lavizzari nella partita n. 13, nota (b), del "Libro Completo", dove si prosegue con 15. 23-20 10-13 16. 22-19 11-14 17. 19x10 5x14=.

9... 6-11?
Più foriera di prospettive appare, in astratto, la 9... 7-11, scelta infatti in alcune partite di Campionato post-1967. Diciamo "in astratto", perché l'esito di tali partite è stato perlopiù funesto per il Nero, a causa di errori successivi nel districarsi fra le delicate scelte da compiere. Il Nero in effetti non teme l'apertura di una via per la damatura, da parte del Bianco, mediante il sacrificio 10. 15-12 8x15 11. 23-19 15-20 12. 19-15 perché anch'egli avrà la possibilità di andare a dama, ma nel cantone. A questa posizione sono giunte le partite Gatta-Bollettini (Campionato 1980), Bisanti-Golosio (1981), Sarcinelli-Portoghese (1997), Faleo-Mancini (2010), Michele Maijnelli-Carmelo Sciuto (2014). Solo la prima terminò in parità, ma dopo un errore di Bollettini non sfruttato da Gatta, tutte le altre sono state vinte dal Bianco. Alcune di queste partite sono state pubblicate nella rubrica "Tecnica Agonistica" su Damasport; si rimanda in particolare al n. 1/2017 dove il GM Gasparetti commenta la partita Maijnelli-Sciuto.
La 9... 7-12? è data perdente da Gasparetti con 10. 31-28 12x19 11. 22x15, vedasi la nota (d) al menzionato commento della Maijnelli-Sciuto.

10. 15x6 2x11
Qui il quesito teorico sta nel sapere se la partita sia già persa a questo punto. Il Bianco dispone di un forte vantaggio posizionale, ma, nel caso concreto, il Cavalleri non ha operato sempre al meglio.

11. 21-18 11-15 12. 23-19
Cavalleri sceglie una condotta poco aggressiva; egli aveva invece a sua disposizione almeno un paio di mosse migliori: 1) 12. 26-21 a cui il Nero avrebbe dovuto replicare con 10-13 che sembra condurre alla pari lungo un percorso irto di pericoli ad ogni mossa: 13. 18-14 13-18 14. 22x13 9x18 15. 29-26 8-12 16. 21-17 18-22 17. 26x19 15x22 18. 23-19 16-20 19. 17-13 20-23 20. 13-9 5-10 21. 14x5 1x10 22. 9-5 10-13 23. 5-2 13-17 24. 2-6 22-26 25. 30x21 17x26 26. 6-11 23-28 27. 11x4 28-32=.
Meglio ancora la 2) 12. 30-27! 8-12 13. 26-21 10-13 14. 21-17 5-10 15. 31-28 1-5 16. 23-19 15-20 17. 28-24 20-23 18. 27x20 16x23 19. 29-26 23-27 20. 19-14 10x19 21. 17x1 19-23 22. 18-14 27-30 23. 14-11 30x21 24. 11x4 difficile pari.

12. . . 7-11 13. 19x12 8x15 14. 30-27 16-20 15. 26-21


15… 20-23??
Errore decisivo. Tagliaferri avrebbe dovuto proseguire con 5... 10-13 alla quale il Bianco avrebbe potuto rispondere con 16. 18-14 11x18 17. 21x14 ma dopo 5-10 18. 14x5 1x10 la patta è tranquilla; ad es. 19. 25-21 13-17 20. 22-18 17x26 21. 29x22=. Su 16. 21-17 segue 20-23 17. 27x20 15x24 18. 17x10 5x21 19. 25x18 1-5 20. 22-19 5-10 21. 29-26 10-13 22. 26-22 13-17 23. 31-27=.

16. 27x20 15x24 17. 22-19!! 10-14
Su 17... 10-13 segue 18. 19-14 13x22 19. 14x7 24-28 20. 31x24 22-27 21. 7-3 27-30 22. 21-17+-.

18. 19x10 5x14 19. 21-17 14x21 20. 25x18 1-5 21. 17-13!!
Unica per la vittoria, le altre perdono.

21... 11-15 22. 29-26 15-19 23. 31-27 Bianco vince.

Un piccolo revival a cui daremo un seguito, con la dovuta calma.

venerdì 1 marzo 2019

Storia - Il Circolo Damistico "Arianna", crocevia del damismo nazionale

E' il momento di dare la parola direttamente ad Enrico. Il testo che qui riproduciamo è infatti una rievocazione degli albori del suo impegno damistico, da lui scritta per "Damasport" e pubblicata nel n. 4/2002 come contributo alla rubrica "Vita da Circolo". Enrico ricorda come nel Circolo da lui frequentato nel periodo iniziale della sua carriera si incontrarono tre persone destinate ad avere un forte impatto sulla vita damistica nazionale nei decenni seguenti: lui stesso (ovviamente), Walter Signori (futuro Presidente della Federazione), e Oreste Persico (futuro Segretario Nazionale). Insomma, il sodalizio personale cementato in quel periodo fu foriero di sviluppi piuttosto importanti...

di Enrico Molesini
Nessuno è riuscito a stabilire con certezza la data di nascita del pri­mo circolo damistico.
Di preciso si sa, grazie alle ricer­che di Ghelardini, che nel febbraio del 1924 furono undici i circoli che diedero l'appoggio alla neonata federazione guidata da Luigi Franzioni.
Nel mio non breve vissuto dami­stico, che prende le mosse dal 1953 a Verona, ho fatto parte e conosciuto parecchi circoli, ma è stato nel C.D. "Arianna", un pic­colo circolo dalla vita brevissima, dove curiosamente sono iniziate delle vicende che - secondo me - hanno inciso sul damismo nazio­nale.
Il C.D. "Arianna" è sorto all'inizio del '54 da una mini scis­sione con il C.D. "Cavalle­ri" (sicuramente uno dei circoli più antichi e prestigiosi) intitolato al mitico Eldo, campione italiano dal 1926 al 1929 e nel 1935.
I principali fondatori del nuovo circolo, Alberto Rubele e Nardino Scimemi con la guida tecnica del M° Luigi Tezza e una decina d'al­tri soci tra i quali figuravano i giovani (per l'epoca) Signori e Molesini, trovarono ospitalità nella centralissima Piazza Erbe presso il Bar Colonna che poco dopo mutò, per cambio gestione, il suo nome in Bar Bolzano e ora, da circa quattro decenni senza circolo e rimodernato, funziona ancora come caffè "casa Mazzan­ti" dal nome dello storico edificio in cui è inserito.
Walter Signori nel 1959
Il nome "Arianna" venne propo­sto dal M° Tezza, persona mite e gentile - mezzo "filosofo" e mez­zo "barbone" - che paragonava il famoso filo d'Arianna a quella logica damistica che aiuta a distri­carsi nei labirinti analitici. Inoltre, esisteva - parola di Tezza che sapeva di teoria - una partita de­nominata "Ariana" (23-19, 12-16; 28-23). L'enne in meno non per­metteva l'accostamento dei due nomi e quindi, alla fine, tutti con­vennero sul maggior "appeal" di "Arianna" la figlia di Minosse. Eravamo nel 1954, non c'erano soldi per la dama e per nessuno, il miracolo economico era ancora di là da venire: con fatica venivano organizzati i Campionati e spora­dicamente qualche gara a livello regionale.
In quel lunghissimo dopoguerra il Presidente Luigi Franzioni stava tentando di ricostruire la Federa­zione Damistica Italiana.
Ho conosciuto il M° Franzioni solo superficialmente e a distan­za, mentre ho ben conosciuto i tre presidenti che gli sono succeduti e con i quali ho avuto il privilegio di collaborare:
- Beppino Rizzi, il presidente che ha inventato il damismo moderno: la partita unica, le mosse lampo, ha fondato "Damasport" e ha por­tato il damismo per vent'anni nell'ENAL, l'ente tutorio dell'epoca.
- Giacomo D'Amico, il presidente dell'Autonomia, della simpatia e della costante ricerca dei valori culturali e formativi del nostro gioco. E' stato eletto nel momen­to più difficile, contestualmente alla soppressione dell'Enal.
- Walter Signori, il gran traghetta­tore della Federazione Italiana Dama nel CONI.
Torniamo all'epoca, che descrivo con la giovanile e parziale visuale che ne avevo allora: non c'era giornale (Damasport sarebbe stato fondato nel 1959), pochissimi i collegamenti e, di conseguenza, le notizie erano molto scarse e giun­gevano con un passaparola lentissimo ...
La forzata sosta bellica, che per il damismo organizzato è durata dal 1938 al 1948, aveva causato un gran vuoto nell'informazione ...
In quel tempo di telefonini cellu­lari si parlava a malapena nei ro­manzi di fantascienza e il comune telefono era un arnese per ric­chi ...
Si giocavano, sorteggiando le prime due mosse (restrizione in­glese), gare di carattere sociale nel bar che ci ospitava. Oppure ci si giocava il caffè, qualche volta si azzardava un cappuccino, op­pure un bicchiere di spuma (bevanda dell'epoca) o un bianco con l'acciughina per i più dissolu­ti. Il tutto in allegria e con qual­che disputa tecnica che verteva principalmente sul toccato mosso o sui finali.
Sempre nel 1954 il Circolo riuscì ad inviare il Tezza ai Campionati Italiani di Riva del Garda (sesto con lo stesso punteggio del terzo), che al ritorno portò la notizia che Franzioni, nelle manifestazioni di contorno, aveva disputato anche una partita alla "cieca"!
- Ed io allora gioco alla "sorda" - sbottò Carlo Z. levandosi l'apparecchio acustico che porta­va a causa suoi dei timpani offesi da uno scoppio durante la guerra. Per la verità, il M° Franzioni di­sputava partite alla cieca da sem­pre, ma noi l'ignoravamo ...
Oreste Persico (sin.) ed Enrico Molesini (centro), 
qui ripresi con Eraldo Siviero nel 1962
Nel 1955 apparve al circolo un sergentino dai capelli neri e ondu­lati: - vorrei fare qualche partita ... mi chiamo Oreste Persico - (!). Persico di stanza a Riva del Gar­da, aveva collaborato all'organiz­zazione di quel Campionato ita­liano (quando si dice un predesti­nato) ed appena trasferito a Vero­na si presentò al Circolo, di cui aveva saputo da Tezza.
Ed ecco che all'amicizia tra Si­gnori e Molesini si aggiunge Persico, con altrettanto entusiasmo per il gioco e affinità d'idee sul divenire del damismo.
E' stato un periodo brevissimo, poi i diversi percorsi della vita: Signori a Vicenza, Persico a Bol­zano, Molesini itinerante per l'Alto Adige per ritrovare poi Persico a Bolzano dove aveva fondato un circolo aderente alla Federazione già ricostituita nell'Enal.
Poi, anno dopo anno, all'impegno damistico dei tre, seguirono inca­richi ai vari livelli. Cito a grandi linee, in obbligatoria sintesi, solo quelli di rilevanza nazionale e le organizzazioni di prestigio:
- Signori: consigliere nazionale e vicepresidente FID per tre legisla­ture, Presidente FID per due e attuale Presidente onorario.
- Persico: Presidente di Commis­sione Tecnica per undici anni e Segretario Generale della FID per ventidue. Ha organizzato ben ventidue Campionati Italiani di cui ventuno consecutivi e, fiore all'occhiello, alcuni campionati mondiali ed europei.
- Molesini: presidente di Com­missione Tecnica e Consigliere nazionale per quattro legislature; capo redattore di Damasport per un quarto di secolo.
Fra i tre c'è stato tutto un collabo­rare e interagire nel corso di quel­la serie importante d'incarichi svolti per la dama.
Pertanto non mi sembra esagera­to - almeno secondo un principio di causalità - definire il CD A­rianna "crocevia del damismo nazionale" per essere stato il pun­to di partenza della lunga storia damistica di Signori, Persico e Molesini.
Curiosamente talvolta mi chiedo: nel caso non fosse stato costituito il CD Arianna, alcuni avvenimen­ti del damismo nazionale avreb­bero preso lo stesso corso?
Se per un gioco di fantascienza si potesse tornare indietro e i tre avessero preso vie diverse, come si sarebbero svolte le vicende damistiche nazionali?
Meglio, peggio, non sarebbe cam­biato niente?
Pur nella razionale impossibilità di ipotizzare un'alternativa a ciò che il tempo ha registrato, scom­metterei che le mogli dei tre, se interpellate, esclamerebbero con­vinte: Sarebbe stato megliooo ...